I PENSIERI DI MARCO AURELIO

“Non puoi insegnare qualcosa a un uomo. Lo puoi solo aiutare a scoprirlo dentro di sé.” Galileo Galilei

Marco Aurelio è definito uno dei cinque imperatori illuminati, il suo non fu un regno facile, anzi fu abitato da guerre e difficoltà, eppure egli seppe guidare la propria gente attraverso le contrarietà facendo si che il popolo vivesse e prosperasse.

Marco Aurelio faceva grande utilizzo della filosofia come via da seguire e a cui poter attingere al fine di guidare le proprie emozioni e il suo popolo.

Era consapevole del fatto che doveva gestire i propri pensieri e le proprie passioni, come venivano chiamate allora le emozioni. Credo che chiamare le emozioni passioni ci dia prova del fatto che l’idea di fondo era quella di non farsi travolgere dalle emozioni, soprattutto quando esse erano negative.

A cosa può servirci conoscere Marco Aurelio, dunque?

A modellarci su comportamenti e strategie messi in atto di fronte a difficoltà che, sebbene differenti in alcune caratteristiche, hanno comunque similitudini con alcune condizioni che si affrontano in un periodo di malattia che mette a rischio la nostra vita e la qualità di vita che conduciamo.

Quando siamo sotto attacco, che si tratti di una malattia o di una guerra, il nostro cervello è costituito in modo da difendersi e sopravvivere. Si attivano le aree cerebrali preposte alla sopravvivenza e che processano le emozioni, come l’amigdala, e si zittisce la nostra corteccia prefrontale che ci fa essere razionali, ci fa programmare e in fin dei conti dirige le nostre scelte a lungo termine.

Tutto ciò avviene perché il cervello sa che dobbiamo sopravvivere, tutto quello che in un dato momento richiede energia non utile alla salvezza viene messo in secondo piano.

Mi è capitato di frequente che persone che avevano terminato le cure affermassero di sentirsi depresse o meglio abbattute. Si sorprendevano di fronte al fatto che avessero affrontato bene tutte le cure e proprio nel momento in cui potevano tirare un sospiro di sollievo arrivava uno stato d’animo contrastante.

Non bisogna spaventarsi di fronte a questo fenomeno, può accadere perché il cervello percepisce che la sopravvivenza non è più la sola priorità, dunque può farci avvertire le altre emozioni derivanti dall’elaborazione globale dell’evento malattia.

Durante una malattia, siamo in balia delle passioni o meglio di emozioni negative e di un processo fisiologico che mira a salvarci la vita.

Tutto ciò funziona perfettamente per un breve periodo, ma come abbiamo precedentemente detto in altri articoli, se la minaccia è prolungata questo sistema crea squilibrio a livello organico.

Marco Aurelio, non conosceva le neuroscienze, dato che le acquisizioni scientifiche sul nostro cervello sono venute molto dopo di lui, ma conosceva bene la filosofia e oltre ad ispirarlo la utilizzava come strumento di guida.

Gli antichi filosofi sapevano già, anche se non da un punto di vista scientifico, che le emozioni negative vanno fatte fluire, non bloccate ma trasformate.

Questo, ci hanno spiegato le neuroscienze e gli studiosi del cervello, al fine di “spegnere” o meglio calmare le aree cerebrali iper attivate di fronte alla minaccia e “riaccendere” o fortificare le aree cerebrali prefrontali.

Marco Aurelio scriveva le proprie emozioni negative, le proprie paure, e i comportamenti che da queste erano derivati.

Era molto attento nell’annotare gli episodi, anche piccoli, che durante il giorno avevano scatenato quelle emozioni e accanto vi scriveva un pensiero razionale e cosa fare per giungere ad azioni diverse.

Pare fosse solito incitare a non portare rancore ai fatti, giacchè ai fatti non importa nulla del nostro rancore. Come a dire di non perdere troppo tempo nel maledire ciò che ci è successo, ma chiamare all’ordine tutte le risorse al fine di fronteggiare la vita nel modo migliore possibile.

Questo esercizio, come altri che riguardano la scrittura possono dare l’impressione di peggiorare la situazione emotiva. Talvolta, quando si scrive, le cose sembrano diventare più reali e minacciose di quanto appaiano nel silenzio della nostra testa.

Questa impressione è falsata da una serie di processi fisiologici, quello che succede in realtà è che le aree cerebrali che processano emozioni e memoria a breve termine si liberano di una sorta di piccola, ma pesante zavorra facendo si che tornino ad essere più funzionali.

Tenere delle note sulle nostre emozioni e sui nostri pensieri come faceva Marco Aurelio può essere d’ausilio dunque, ad una maggiore armonia nel lavoro che tutte le aree cerebrali compiono di fronte ad una minaccia, evitando sovraccarichi di un’area a scapito di un’altra.

ESERCIZIO: preferibilmente, ma non necessariamente da fare a fine giornata. Rispondere a queste due domande:

  1. Quale è stata l’emozione portante di oggi?
  2. Quali episodi odierni hanno scatenato questa/e emozione/i?

Da rileggere immediatamente a fine scrittura. Se si ha l’impressione che scrivere peggiori le cose si può cestinare il foglio appena effettuato l’esercizio.

Per info e approfondimenti dott.ssa S. Alfaniinfo@aiscup.it

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